Il musicista in Studio | Stefano Battaglia (l’esperienza in sala di registrazione)

Si è da poco conclusa la sessione di registrazione di Stefano Battaglia Standards Quartet al Tube Recording Studio. Il suo album “The Best Things in Life are Free” edito Emme Record Label può essere sintetizzato come un viaggio nella tradizione americana del Free Jazz e un omaggio ai grandi spiriti di Ornette Coleman e Paul Motian. Oltre al contrabbassista e leader di questo progetto hanno preso parte a questa nuova avventura alcuni tra i più interessanti e stimati jazzisti della scena europea: il sassofonista tenore Marcello Allulli (Roberto Gatto, Maria Pia De Vito, Kenny Wheeler), il sassofonista alto Daniele Germani (George Garzone, Leo Genovese, Dave Kikoski), il batterista Marco Valeri (George Garzone, Francesco Cafiso, Enrico Pieranunzi). In questa nuova rubrica “Il musicista in Studio” Stefano ci ha raccontato qualche dettaglio sulla sua esperienza in studio di registrazione:  emozioni, stumento utilizzato, la programmazione…

 

 

Stefano, ci racconti  la tua ultima Recording session al tube Recording studio?

Era Marzo 2021, tempo di pandemia. Uscire dal lockdown cittadino e sostituire le palazzine ed il traffico della città con gli ulivi della Sabina per qualche giorno è stato un vero sollievo. Conoscevo già il Tube Recording Studio, avevo già fatto parte della realizzazione di due album registrati qui (Unicam Jazz Quartet ft. Jonathan Kreisberg e Claudio Leone Trio) entrambi con bei ricordi. E sebbene ogni volta che torni lo trovi ampliato con nuove sale e nuovi materiali,   gli ulivi già citati che lo circondano, i ritmi lenti della natura attorno, le facce di Enrico e Francesco, in un certo modo rimangono sempre gli stessi. Lo racconto come fosse un po’ una visione, ma forse in quel periodo, visti i tempi, un po’ lo è sembrata. Ci sono tanti aspetti che possono aiutare la musica.  Questa volta siamo venuti in quartetto sax alto, sax tenore, contrabbasso e batteria, abbiamo registrato musiche di Ornette Coleman, Paul Motian e degli originali in stile. 

 

Che strumento hai utilizzato?

Contrabbasso ungherese dell’Ottocento. Fondo piatto. Da incisione provenienza Budapest.

 

Quanto è importante in studio una programmazione dettagliata del progetto da realizzare e quanto il saper improvvisare e variare rispetto all’idea originaria.

Secondo me è importante una buona programmazione dell’idea musicale. Avere un po’ in mente il suono che si sta cercando di ottenere e, se ci sono delle parti scritte, o decise, cercare di arrivare preparati, sia tecnicamente che mentalmente. In modo da vivere il più possibile l’esperienza in studio, nel cercare il contatto con gli altri musicisti e con quello che stanno suonando.

È bene programmare i tempi di realizzazione, ed è bene sapere che l’imprevisto è dietro l’angolo: ci può essere un problema tecnico, un contrabbasso che si scolla, un impedimento di salute, un brano che necessita di varie takes per arrivare al mood giusto, ed è un attimo a ‘perdere’ diverse ore di studio per risolvere uno di questi problemi. Per cui è sempre bene prendersi dei tempi abbastanza comodi in sala, per far respirare la musica, per cercare di essere freschi come la prima ora, anche dopo diverse ore.

 

Standards quartet e l’assenza dello strumento armonico piano o chitarra. Scelta originale ma quanto influisce sul tuo modo di suonare? 

Dal punto di vista sonoro, come contrabbassista c’è più responsabilità, perché se suonando assieme ad uno strumento armonico si cerca il più possibile di fondersi col suo suono suono e con i suoi accenti, senza questo si ha più libertà ma si ha anche inevitabilmente una mancanza del registro medio. Talvolta lo si va ad occupare, cercando di immaginare e suonare quelle che sarebbero le voci intermedie, talvolta si lascia un certo tipo di vuoto, consapevolmente. Parlando del suono risultante della band, è intrigante cercare di dargli comunque un certo spessore, anche senza quella densità tipica che un piano o una chitarra possono dare.

In riferimento alla musica, in ogni caso, penso che senza strumento armonico, a cambiare in maniera più considerevole, sia il modo di suonare dei solisti, che in questo tipo di contesto possono muoversi con più libertà. Possono sganciarsi dalle note fondamentali del basso senza troppe complicanze armoniche e virare, guidare la band verso nuovi colori con più autonomia.

 

Ci parli dei tuoi compagni di musica? Com’è registrare con loro?

In questo progetto i miei compagni di musica sono Marcello Allulli al sax tenore, Daniele Germani all’alto sax e Marco Valeri alla batteria. Con Daniele ci siamo conosciuti ed abbiamo suonato molto negli anni tra Boston e New York, Marcello in passato è vissuto anche lui a Boston ed ha suonato a Roma per anni con Marco alla batteria, il quale segue costantemente la scena jazz americana. Pensando a questo quartetto mi piacciono queste connessioni temporali e spaziali, ma anche personali, perché sono tutti grandi innamorati del jazz, dello swing, del vivere con gioia. Registrare con loro è come sedersi attorno ad una tavola ed iniziare a chiacchierare cercando qualcosa di bello. Intendo proprio tecnicamente. Viva la musica. 

 

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